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Il Capitale Naturale: uno strumento essenziale

Il capitale naturale è un concetto centrale per il progetto REEForest, perché ci permette di quantificare il valore di un ecosistema. Come faremmo a sapere altrimenti se il restauro è andato a buon fine?Ci serve un criterio per confrontare lo stato dell’ambiente prima e dopo il nostro intervento.

A volte però risulta poco intuitivo capire cosa sia il capitale naturale!

Possiamo immaginarlo come un tesoro formato dalle componenti della natura (come le piante, gli animali e le rocce) racchiuso in un ambiente che noi umani usiamo ogni volta che ne abbiamo bisogno.

Il valore del capitale naturale non dovrebbe essere inteso soltanto come risorse naturali convertite, in qualche modo, in un valore monetario. Sarebbe una banalizzazione: non stiamo parlando di quanto possano valere sul mercato dei pesci, dei minerali o un paesaggio!

Ormai sappiamo infatti che gli ecosistemi forniscono anche servizi essenziali per l’umanità: ad esempio mangiare sano, respirare aria pulita e godere delle bellezze naturali.

Senza queste risorse e questi servizi non potremmo sopravvivere. Il tesoro in questione è diviso in diverse parti: alcune possono rinnovarsi senza il nostro intervento, altre meno, altre ancora non ne sono in grado.

Quando modifichiamo troppo gli ambienti naturali con i nostri interventi, mettiamo a rischio la capacità della natura di darci ciò di cui abbiamo bisogno. È come se prendessimo sempre da un pozzo senza mai lasciare che si riempia di nuovo.

Gli ecosistemi ci forniscono il tesoro ma dobbiamo prendercene cura per poter continuare a beneficiarne, nel nostro caso effettuando il restauro delle foreste marine!

Il capitale naturale rappresenta, quindi, il deposito che la natura mette gratuitamente a disposizione dell’uomo: genera interessi ogni anno, in termini di nuove risorse prodotte.

Ogni anno la nostra specie preleva la “liquidità” necessaria per il proprio mantenimento (i servizi ecosistemici).

Ci deve essere un bilancio tra entrate ed uscite, che deve mantenersi almeno “in pari”.

In caso contrario, mentre la richiesta di risorse necessaria per mantenere il nostro stile di vita rimarrà invariata, non potrà essere soddisfatta dagli interessi generati a causa del declino del sistema.

È ovvio che questo calcolo segue delle regole precise stabilite dai ricercatori. Per questo ogni volta che andiamo sott’acqua per monitorare come sta la nostra Cystoseira raccogliamo tutta una serie di dati che servono a calcolare il valore di quella porzione di ecosistema marino!

Il capitale naturale è quella riserva di risorse a disposizione di ogni comunità umana che ne preleva una parte per il proprio mantenimento.

Gli ecosistemi, ogni anno, producono anche nuove risorse, come se fossero interessi su questo “deposito”: noi dovremmo riscuoterli per il nostro sostentamento, senza intaccare la ricchezza dello stesso!

Se ciò avviene, il processo è sostenibile e il valore del nostro patrimonio rimane stabile.

Conoscendo il valore della riserva naturale possiamo accorgerci se c’è un surplus di capitale oppure se il conto sta andando in rosso e dobbiamo fare qualcosa per proteggere la nostra riserva!

Occorre prima di tutto capire come è costituito l’ecosistema che stiamo studiando: da quali risorse è alimentato? Chi o cosa le produce? Chi o cosa le consuma?

Iniziamo con il riconoscere, contare e pesare tutte le specie viventi, vegetali ed animali, che troviamo nell’ambiente che stiamo studiando, dalle alghe ai pesci.

Ecco perché gli operatori delimitano una porzione di habitat di superficie nota, la fotografano (per procedere poi alla conta degli individui tramite elaborazione al computer) e ne rimuovono una porzione (il più piccola possibile) per eseguire le misure di peso in laboratorio.

Ma il nostro calcolo non è ancora ultimato! Dobbiamo infatti capire e quantificare sia quanto tempo sia stato necessario per generare quelle specie e quante risorse ambientali (e.g. pioggia, sole, cibo, ossigeno) siano state utilizzate per generarle e mantenerle fino ad oggi.

Terminato questo inventario, poiché queste risorse sono espresse in unità di misura differenti, dobbiamo uniformarle in un’unica stima. L’unità di misura scelta è la quantità di energia solare equivalente: ma come si procede?

In sostanza si studiano i processi biofisici che hanno portato alla formazione di una certa risorsa, esaminando tutta la catena di montaggio ambientale necessaria ad ottenerla, fino ad arrivare all’unica risorsa energetica che alimenta la biosfera: l’energia del sole!

Eseguita questa trasformazione potremo sommare tutte le risorse tra loro ed ecco il valore del nostro capitale naturale, confrontabile con qualunque altro (eco)sistema nel mondo!

Il calcolo del capitale naturale dell’ecosistema marino richiede la caratterizzazione delle specie, una stima sulla loro abbondanza e la conoscenza della biomassa presente (un termine che indica il peso degli organismi viventi per unità di area di superficie).

Per alcune specie marine, ad esempio alcuni pesci più grandi in dimensioni e più studiati (forse per via dell’interesse culinario o genericamente economico), sono stati formulati indici che collegano il peso a parametri dimensionali (per esempio la lunghezza o l’area di superficie occupata). Grazie a questi indici è possibile ottenere una stima della biomassa a partire dal campionamento visivo di una popolazione: gli individui vengono osservati, contati e misurati direttamente sul luogo oppure vengono fotografati e registrati in filmati da cui, successivamente, vengono estratti i dati necessari.

Purtroppo, non sono stati ancora calcolati indici per le piante e gli organismi animali che abitano le misteriose foreste di alghe, la cui importanza si è rivelata soltanto negli ultimi decenni, quando sono state evidenziate e capite le numerose funzioni ecologiche che svolgono. Questo implica che per calcolarne la biomassa è necessario svolgere un campionamento distruttivo, portando via piccole porzioni di ecosistema da analizzare in laboratorio.

Ma i ricercatori di REEForest vogliono proteggere le foreste algali, non distruggerle!

Quindi, proprio perché si usano metodi distruttivi, questi campionamenti possono essere effettuati soltanto in piccoli numeri e non permettono un monitoraggio costante del capitale naturale delle foreste di alghe.

Ma questo monitoraggio è necessario per capire l’efficacia delle azioni di restauro.

Per questi motivi, i ricercatori di REEForest stanno lavorando alla ricerca di metodi che permettano di stimare la biomassa a partire da immagini fotografiche o riprese video oppure attraverso lo sviluppo di nuove tecniche non invasive per poter portare avanti gli studi nel totale rispetto dell’ambiente

Contenuto a cura di DISTAV – Università di Genova

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