La squadra di Valentina Asnaghi ha recentemente concluso il monitoraggio nell’Area Marina Protetta “Isola di Bergeggi” in Liguria.
I ricercatori sono quindi potuti passare alla fase successiva del progetto: la raccolta e la coltivazione in laboratorio della Cystoseira per il restauro delle zone dove la sua presenza è deteriorata.
La specie target per il restauro nelle acque costiere di questa Area Marina Protetta, situata nella Liguria occidentale, si chiama Ericaria amentacea, precedentemente nota come Cystoseira amentacea, varietà stricta.
A differenza delle altre specie target di REEForest, che vivono a profondità maggiori, questa specie di Cystoseira vive nella zona intertidale, il luogo in cui le onde si infrangono su scogliere semisommerse.
Ericaria amentacea si distingue dalle altre specie anche per il fatto di essere “cespitosa”, cioè di non avere un unico “fusto” centrale (tallo) ma diverse propaggini che si diramano da un unico disco basale, assomigliando a un piccolo cespuglio.
L’Università di Genova, uno dei partner del progetto REEForest, ha il compito di ripristinare la popolazione di questa alga bruna che ha ormai perso parte della sua copertura originaria all’interno dell’Area Marina Protetta di Bergeggi. Una serie di tempeste, una frana e l’impatto delle attività umane sulla costa hanno infatti ridotto l’estensione dell’Ericaria amentacea sia sulle coste dell’isola di Bergeggi sia in alcuni tratti delle scogliere vicine.
Fortunatamente la foresta marina di Ericaria amentacea nella zona di protezione integrale dell’Area Marina Protetta non è stata completamente spazzata via come invece è accaduto in altre zone del Mediterraneo. La notizia è incoraggiante perché è un segno che le condizioni ambientali non sono così compromesse da pregiudicare il restauro.
Un’altra peculiarità dell’Ericaria amentacea consiste nell’essere un indicatore della qualità ecologica dell’ambiente in cui cresce. La specie è molto sensibile alle perturbazioni: la sua presenza è molto importante nel calcolo della CARLIT (Cartografia delle comunità bentoniche litoranee e sublitoranee superiori), un indice utilizzato ad esempio dall’ARPAL (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente – Liguria) per valutare lo stato di salute dell’ecosistema costiero.
Oltre a sequestrare l’anidride carbonica responsabile della crisi climatica, senza foreste marine non ci sarebbe cibo e riparo per tutti gli organismi marini che hanno fatto di quell’ambiente la loro casa, esattamente come succede per le foreste sulla terraferma. Per questo le popolazioni di Cystoseira sono così importanti!
Per tentare il restauro, gli scienziati del DISTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita) dell’Università di Genova sono partiti, stivali e muta, alla ricerca di popolazioni di alghe da cui prelevare, senza danneggiarle, le parti fertili della Cystoseira.
Dopo aver individuato un sito idoneo alla raccolta di apici fertili, detto sito donatore, con l’Ericaria amentacea ancora presente in abbondanza, i ricercatori hanno scelto anche il sito ricevente, ovvero un tratto di costa che un tempo ospitava la specie ma che adesso è stato degradato. Lo scopo del progetto è far sì che quella zona torni presto a ospitare quanta più biodiversità possibile grazie all’intervento di restauro.
Nella scelta dei siti donatori e riceventi, gli operatori dell’Area Marina Protetta dell’Isola di Bergeggi hanno collaborato anche con l’Università di Genova. Hanno individuato l’area dove prelevare porzioni di fronde di alghe senza intaccare la popolazione del sito, lungo la barriera occidentale dell’Area Marina, in direzione della Francia.
La barriera corallina dove verrà piantata la nuova Cystoseira per rinvigorire le popolazioni rimanenti si trova nella parte centrale dell’area, più a est.
La scorsa settimana le prime operazioni sono state un successo: la squadra di REEForest, formata da professori, quattro studenti e ricercatori post-dottorato, ha raccolto ben 500 apici fertili!
Le piccole fronde sono state poi trasportate di corsa al Laboratorio di Ecologia del Benthos dove i ricercatori le hanno “sfoltite”, sia per rimuovere eventuali organismi che avrebbero potuto contaminare la coltivazione, sia per renderle della dimensione giusta per essere posizionate sui dischi di argilla.
La manipolazione finale degli apici pieni di zigoti consiste in un trattamento a bassa temperatura. Lo shock termico contribuisce a stimolare il successivo rilascio dei gameti, che avviene una volta posizionati gli apici sui dischi utilizzati per la coltivazione e il successivo innesto in mare.
Evidentemente, l’intera procedura è stata eseguita alla perfezione e gli scienziati non hanno dovuto aspettare molto: alla fine della scorsa settimana, le prime plantule di Ericaria amentacea, lunghe pochi millimetri, erano già visibili sui dischi di argilla!
Ora dobbiamo solo aspettare che i piccoli talli di Cystoseira crescano abbastanza da permettere ai ricercatori di eseguire la parte più emozionante del processo, il trapianto.
I dischetti con le giovani plantule di Ericaria amentacea saranno avvitati direttamente sulla roccia e, chissà, tra qualche mese potremmo già vedere i primi risultati lì, dove il mare incontra la terra!